I porti marittimi europei e la relativa logistica pesano sulla bilancia del commercio mondiale, essendo essenziali per le economie regionali e globali. Negli ultimi anni, il coinvolgimento di Paesi terzi – primo fra tutti, la Cina – ha acquisito crescente importanza nel comparto nautico/marittimo. I porti sono fondamentali per le economie regionali e intercontinentali; dunque, i crescenti investimenti cinesi in altri porti hanno suscitato attenzione, ma anche riserve. L’aggregazione di importanti asset nelle imprese statali ha sollevato interrogativi sulla centralizzazione dei metodi di commercio. Le recenti richieste di una strategia portuale comune da parte del Parlamento europeo  lo sottolineano sempre più. I singoli Stati membri e l’UE nel suo complesso possono influenzare attivamente gli scenari futuri fungendo da partner e competitor. È innegabile quanto mancanza di cooperazione e carenza di investimenti siano deleteri, considerando l’attuale scenario geopolitico. Tuttavia, di fronte alle nuove sfide, la transizione circolare può garantire prospettive del tutto inedite.

Nuove misure per i porti marittimi UE

I porti marittimi europei subiscono le tensioni geopolitiche legate ai recenti conflitti che minano  la tenuta dei rapporti politici e commerciali. Perché  l’UE rimanga destinazione ambita, sono necessari investimenti nuovi e strategie anche inedite. Per questo motivo la Commissione ha delineato una serie di nuove misure nei settori del commercio e della ricerca, che comprendono

  • Uno screening più scrupoloso degli investimenti stranieri nell’UE per evitare taluni che possano rappresentare un rischio per la sicurezza dei paesi membri.
  • Armonizzazione delle norme nazionali e comunitarie
  • monitoraggio su esportazioni dell’UE su beni a duplice uso, ossia quelli che possono essere utilizzati sia per scopi civili che militari come l’elettronica avanzata
  • conoscere i rischi potenziali associati a determinati investimenti dell’UE all’estero, perché alcuni paesi ostili potrebbero usarli per potenziare il proprio arsenale militare

Pertanto, la Commissione deve puntare sia sullo sviluppo di tecnologie da impiegare per scopi diversi, sia sulla specializzazione delle singole infrastrutture

Parole chiave: Specializzazione e dual sourcing

L’infrastruttura portuale è diventata sempre più specializzata. Le economie di scala hanno portato a una crescente concentrazione delle attività portuali in un numero relativamente limitato di grandi porti. L’aumento delle dimensioni e della specializzazione delle navi, delle banchine e delle attrezzature di carico/scarico rende realtà – come i porti marittimi europei – veri e propri ecosistemi commerciali. Nonché entità strategiche, considerato che ogni anno tre miliardi di tonnellate di merci e centinaia di milioni di passeggeri transitano negli scali continentali. Tuttavia, la logistica marittima è cambiata negli anni del post pandemia. Le sfide globali, la digitalizzazione, la transizione energetica hanno avuto ripercussioni tali da

  • spingere verso il dual sourcing per ridurre la dipendenza commerciale verso un unico paese
  • integrare i sistemi portuali con il territorio circostante.

Sempre più importante rivedere la modalità delle catene di approvvigionamento, anche grazie alla transizione circolare

Catene di approvvigionamento circolari e lineari

Una catena di approvvigionamento circolare non si esaurisce con i rifiuti, ma con il riutilizzo dei materiali alla fine del loro ciclo di vita. Pertanto, la transizione circolare ha importanti implicazioni per le catene di approvvigionamento. Dal modo in cui i prodotti sono progettati, ai modelli di business delle aziende dove predomina l’integrazione di beni e servizi. La transizione verso la circolarità nei porti marittimi europei avrà un importante impatto sia sui volumi di carico, sia per l’opportunità di attrarre nuove attività negli ecosistemi commerciali portuali. È aumentata la percentuale di materiale riciclato rispetto al decennio precedente, ma in minima parte, a dimostrazione catene di approvvigionamento lineari, che terminano con i rifiuti, dominano ancora. L’UE ha fissato un obiettivo del 20% in linea con altri obiettivi dell’agenda 2030. È improbabile che questo obiettivo venga raggiunto, ma di certo la transizione verso la circolarità è un processo inarrestabile.

I porti marittimi europei, il futuro e gli ecosistemi imprenditoriali

Per rivitalizzare un intero settore, è fondamentale che i porti attirino attività circolari. Una transizione circolare prevede la presenza di terminali dedicati ai materiali riciclabili. Attraverso la selezione e lo smantellamento dei prodotti a fine vita e la lavorazione dei materiali recuperati, è possibile produrre biocarburanti o materiali da costruzione. Sono molti i vantaggi derivanti dalla presenza di attività circolari nei porti marittimi europei, sempre più configurati come ecosistemi imprenditoriali. A patto che lo smaltimento del materiale da riciclare avvenga in loco. Diverse ragioni giustificano questa visione, e sono di

  • natura economica, quando il valore dei rifiuti è troppo basso per giustificare l’alto costo del trasporto a lunga distanza;
  • natura ecosostenibile, il trasporto su lunghe distanze rende le catene del valore meno sostenibili
  • natura etica, laddove l’invio di plastica, batterie e rifiuti elettronici nei Paesi in via di sviluppo comporta rischi ambientali e pratiche di lavoro ai limiti della legalità.
porti marittimi