flusso turistico

Flusso turistico marittimo: il trend in Adriatico

Il flusso turistico nel Mar Adriatico ha davanti a sé – già nell’immediato futuro – sfide che presuppongono chiara visione degli obiettivi, dinamismo, investimenti oculati. Perché il turismo marittimo cresca è necessario potenziare strutture e logistica per favorire collegamenti tra la costa e l’entroterra. Tracciata la rotta, non è mai tempo di guardare indietro. Quindi è necessario sfruttare le numerose opportunità che sostenibilità e transizione energetica offrono. La qualità dell’offerta turistica passa per l’utilizzo di carburanti alternativi, a supporto di un trasporto intermodale tra porto, terminal crociere ed entroterra. Senza dimenticare le iniziative pubbliche e private necessarie perché il flusso turistico non sia limitato alla stagione estiva. Specie considerando che, nonostante la superficie limitata, il Mar Adriatico è strategicamente importante per il nostro paese. Come dimostrano la sua reputazione di hub commerciale ed energetico, emersa nuovamente in seguito ai recenti avvenimenti in ambito geopolitico.

Flusso turistico e i principi dell’innovazione

Le sfide dell’elettrico, le emissioni inquinanti ridotte, un rinnovamento infrastrutturale atteso da anni. Per i non addetti ai lavori, il collegamento tra queste tematiche e offerta turistica non è scontato. Eppure, un modello portuale green & smart, in favore di porti del futuro sempre più accessibili e sostenibili, è indispensabile. Il desiderio degli operatori turistici di vedere incrementare il flusso turistico è comprensibile, ma è auspicabile che tutti si rendano conto della necessità di investire e innovare. Non si può più ragionare sull’innovazione escludendo

  • Efficientamento energetico
  • Riduzione dell’inquinamento acustico
  • Un sistema di raccolta dei rifiuti smart
  • Qualità della vita delle comunità
  • Mobilità a basso impatto ambientale
  • Conversione dei porti in hub energetici

Secondo Unctad, uno sviluppo infrastrutturale climaticamente neutrale implica, a livello globale, investimenti di miliardi di dollari. Oltre a un impegno istituzionale che ormai rientra a pieno titolo nell’agenda di istituzioni e organismi internazionali come l’Unione Europea.

Un buon trend su entrambe le sponde

Per investire cifre importanti sullo sviluppo progettuale dei porti in chiave turistica, c’è bisogno di visione e lungimiranza. Alla pari di dati incoraggianti, come quelli che iniziano a trapelare da Adriatic sea turism report, il rapporto sul flusso turistico marittimo nel Mar Adriatico. Secondo le prime informazioni a disposizione, nel 2023 sono transitati venti milioni di passeggeri, con aumenti del 14% rispetto all’anno precedente. Ancora più evidente – in termini di percentuali – l’aumento dei crocieristi, il 32% in più dei viaggiatori presenti nel 2022. Sia da un lato dell’Adriatico, che dall’altro. Se Corfù e Dubrovnik occupano i primi due posti, la città lagunare è lo scalo con il maggiore incremento registrato nell’arco di dodici mesi, con il 110% di passeggeri in più. Anche i dati in ambito nautico, ferries e aliscafi mostrano una tendenza positiva con aumenti in termini percentuali a doppia cifra.

Appuntamenti importanti

Il riscontro positivo, probabilmente oltre le aspettative, è importante tanto per il comparto in senso stretto, quanto per la filiera che offre opportunità di lavoro. La diffusione e la promozione dei dati che interessano il flusso turistico marittimo saranno al centro della settima edizione di Adriatic Sea Forum. L’evento è in programma il 24 e 25 ottobre, e per la prima volta sbarca a Ravenna, anche grazie alla collaborazione tra il comune, la camera di commercio locale e Autorità del sistema portuale. Secondo i promotori e gli organizzatori, lo scopo del meeting resta quello di “approfondire le proprie conoscenze sui fenomeni turistici nell’area, attivare nuove relazioni professionali o rafforzare quelle esistenti e promuovere attività e progetti”. Pertanto, il Forum diventa un’occasione in più per evidenziare l’impegno economico oneroso – stimato in cento milioni di euro – che la città sta affrontando.

Hub per incrementare il Flusso turistico

Convertire il porto in hub con aree verdi e parco fotovoltaico, nel segno di una tecnologia ecosostenibile sofisticata e coadiuvata da forte digitalizzazione. Il progetto che l’autorità portuale dell’Adriatico centro settentrionale sta cercando di realizzare a Ravenna è la dimostrazione di quanto sia fondamentale partire da dati positivi per ragionare in previsione dell’avvenire. E’ necessario promuovere iniziative orientate all’innovazione infrastrutturale, per venire incontro alle aspettative di una clientela più numerosa. Quindi, è indispensabile che lo sviluppo sia il più possibile equilibrato e diffuso. Per fortuna segnali incoraggianti giungono dall’analisi degli investimenti in programma, grazie

  • Ai 3000 posti barca in più tra Italia, Croazia e Albania
  • All’aggiunta di cento ormeggi nel Porto turistico di Temoli
  • La costruzione di un nuovo porto turistico per superyacht a Bari.

La parola d’ordine, oltre a innovazione, resta riqualificazione, specie ai fini della capacità attrattiva legata al flusso turistico di qualità.


porti marittimi

Porti a emissioni zero: sfida possibile?

Emissioni zero uguale azzeramento di sostanze inquinanti e gas a effetto serra. Un obiettivo raggiungibile con l’ausilio di energie rinnovabili, veicoli elettrici, efficientamento dei processi produttivi. Riducendo le emissioni di gas serra nei cicli produttivi, le aziende contribuiscono a rallentare il riscaldamento globale e a salvaguardare la qualità della vita delle generazioni future. Un principio auspicabile, se non addirittura nobile. Eppure, non esente da critiche e nasi all’insù quando si tratta di studiare un metodo o più metodi di applicazione plausibili. Nell’ambito delle zero emissioni, la decarbonizzazione gioca un ruolo centrale. La decarbonizzazione si riferisce al processo di riduzione o eliminazione delle emissioni di carbonio, in particolare di CO2, in vari settori come produzione di energia, industria, trasporti. Un processo impegnativo e finanziariamente oneroso, ma che al netto di costi implica altri ostacoli da tenere in conto.

Una cultura a emissioni zero

La promozione di una cultura emissioni zero richiede uno sforzo istituzionale non di poco conto. Una politica green non è una politica nuova, anzi. Tuttavia, le sfide normative possono ostacolare in modo significativo la transizione verso pratiche sostenibili. Quadri normativi complessi e requisiti di conformità possono ritardare o addirittura impedire l’attuazione di iniziative verdi. In ambito UE, la cronaca insegna che non è semplice conciliare le esigenze e le aspettative di partner commerciali – come paesi in via di sviluppo – con la crescente sensibilità dell’opinione pubblica verso le tematiche ambientali. In questi ultimi anni, c’è stata una evidente tendenza a favorire l’implementazione di fonti alternative come le energie rinnovabili, nonché la realizzazione di veicoli elettrici rispetto alle auto a benzina. Ma nel settore marittimo, non si possono ignorare sfide di altra natura che possono ostacolare la transizione verso pratiche sostenibile, di carattere infrastrutturale/ dimensionale.

La particolarità del settore marittimo

Le dimensioni e la complessità delle operazioni portuali creano evidenti difficoltà, soprattutto in termini di spazio e di terminal. Tuttavia, i terminal container stanno cercando di ridurre drasticamente le loro emissioni di CO2, adottando al contempo misure per compensare le emissioni rimanenti. Nastri trasportatori elettrici, veicoli dei terminal a emissioni zero e l’impiego di fonti di energia rinnovabile rappresentano al momento alcune armi a disposizione per poter far fronte alla sfida green verso emissioni zero. Le misure net zero promuovono quindi la sostenibilità dei terminal container affidandosi a tecnologie innovative come guida autonoma, Internet of things (IoT) e l’intelligenza artificiale. L’automazione dei processi non solo migliora l’efficienza, ma aumenta anche la sicurezza dei lavoratori e l’affidabilità dei processi. Ottimizzando le operazioni e utilizzando tecnologie efficienti, i terminal container possono aumentare la competitività anche grazie a una contrazione dei costi.

Tecnologie di automazione e soluzioni innovative

Perché il comparto marittimo diventi un comparto emissioni zero occorrono diverse tecnologie di automazione. Queste includono l’elettrificazione delle gru RTG o l’implementazione di sistemi basati su conduttori che possono ridurre le emissioni. Importanti anche le soluzioni per l’alimentazione e i dati per le gru sts -acronimo per ship to store – e le gru a portale per container, nonché i contatti di ricarica delle batterie ad alta capacità per gli AGV – carrelli a guida automatica. Queste tecnologie consentono una trasmissione più efficiente dell’energia, aiutando a ridurre le emissioni contribuendo così a un’industria realmente ecologica. A favorire la transizione anche

  • L’elettrificazione e l’uso dell’idrogeno verde e della bioenergia
  • La diffusione di mezzi ibridi con un motore diesel convenzionale e un motore elettrico.

I porti ricoprono un ruolo chiave anche per le possibilità di stoccaggio dell’elettricità su larga scala e le modalità di trasporto dell’idrogeno verde.

La transizione: investimenti, costi e risparmi

Le attività di manutenzione e i lavori di costruzione nei porti offrono ulteriori opportunità di decarbonizzazione. Grazie a energia rinnovabile, immagazzinamento off-grid per l’alimentazione degli strumenti, macchinari elettrificati in sostituzione di quelli diesel. Le iniziative a zero emissioni possono avere effetti sia positivi che negativi sulla redditività di un’azienda. La transizione verso tecnologie a zero emissioni può portare a risparmi di costo a lungo termine grazie all’aumento dell’efficienza e dare alle aziende un vantaggio competitivo posizionandosi come attente all’ambiente e sfruttando i vantaggi normativi. Tuttavia, la transizione richiede significativi investimenti iniziali che possono comportare oneri finanziari a breve termine, nonché interruzioni destabilizzanti delle mansioni ordinarie. Fortunatamente, esistono siti che hanno già sperimentato politiche finalizzate a centrare l’obiettivo emissioni zero e quindi fungono da insegnamento, oltre che da esempio.

emissioni zero

La strada verso le emissioni zero: gli esempi in Europa.

Nei Paesi Bassi, il porto di Rotterdam è un esempio di porto che ha implementato iniziative portuali ecologiche come l’utilizzo di illuminazione a risparmio energetico, un sistema di gestione dell’energia e un moderno trattamento dei rifiuti. Il porto di Southampton, nel Regno Unito, ha attuato iniziative ecologiche come il monitoraggio delle emissioni atmosferiche e la riduzione dell’uso di carburante a base di zolfo. Il porto ha anche lavorato per sviluppare le capacità di energia rinnovabile, investendo in un nuovo parco eolico e in un sistema di accumulo di batterie. Anche il porto tedesco di Amburgo ha messo in atto diverse iniziative portuali ecologiche, come l’utilizzo di fonti di energia rinnovabili, l’investimento in camion elettrici e l’impiego di materiali da costruzione ecologici. Il porto ha anche implementato diverse strategie di gestione dei rifiuti, come l’utilizzo di sistemi di recupero del calore residuo, sistemi di riciclaggio dei rifiuti e iniziative di compostaggio.


navi portacontainer

Navi portacontainer, risorsa del trasporto marittimo

Una visione intermodale

Le navi portacontainer sono navi da carico fondamentali per la tenuta e l’espansione del settore marittimo. Caratterizzate da dimensioni e stili differenti, la presenza di una stiva a più scomparti dà a queste navi la possibilità di immagazzinare carichi notevoli. Ciò comporta notevoli vantaggi sia in termini di efficienza, sia in termini di sostenibilità, perché un unico imbarco corrisponde a un unico tragitto. I container moderni sono concepiti secondo un’ottica multimodale in ambito logistico. Oltre alle navi, viaggiano su camion e treni merci, essendo trasportabili tanto su strada quanto su rotaia. Nello specifico, grandi navi trasportano ventimila unità corrispondenti a venti piedi. Un container da venti piedi misura 1 teu – acronimo inglese per twenty foot equivalent unit. Una nave da 2 teu assolve carichi ancor più ragguardevoli. a dimostrazione dei passi in avanti a livello infrastrutturale, logistico, tecnologico

Le navi portacontainer, smart ed efficienti

Nel terzo millennio, il trasporto marittimo ha a disposizione strumenti – come rimorchiatori e gru efficienti – risorse umane – si pensi ai gruisti o ai piloti dei rimorchiatori. Nonché tecnologia sofisticata che rende più celeri le operazioni nei porti e più smart le strutture doganali. Perché la movimentazione portuale sia super efficiente, si predispone un piano di stivaggio per ogni nave porta container. Dato l’elevato numero di container, la pianificazione consente di agevolare le operazioni di scarico e successivo trasporto. Soprattutto nei casi in cui il container destinato ad un determinato porto d’attracco sia posto più in fondo alla stiva rispetto ad altri destinati a scali successivi. Per operare al meglio, i pianificatori devono considerare

  • Le modalità di prenotazione e spedizione
  • Il peso del singolo container
  • La Suddivisione e la distribuzione del peso uniforme

La situazione attuale: Mar Rosso e Houthi

Tenendo conto dell’importanza delle navi porta container nell’ambito del commercio mondiale e dell’economia globale, il quadro politico internazionale influenza notevolmente l’andamento della movimentazione portuale. A livello planetario, canale di Panama e canale di Suez rappresentano due punti strategici. Due nodi di una rete intricata e complessa, ancor di più alla luce degli ultimi risvolti nel Mar Rosso. Dove il gruppo sciita degli Houthi, ribelli yemeniti alleati con l’Iran – avversario delle potenze sunnite, come l’Arabia Saudita – ha costretto centinaia di navi porta container a rinunciare alla via più breve. Tanto da dover circumnavigare il continente africano, passando per il canale di Buona Speranza in Sud Africa, con evidenti ripercussioni sui tempi di navigazione – allungati di circa una settimana. Al di là dei disagi facilmente intuibili, le dilazioni provocate dagli attacchi militari Houthi aggravano il dato ambientale, in quanto le navi rilasciano e richiedono maggiori quantità di carburante, facendo lievitare i costi dei trasporti.

La strada cinese

La complessa situazione geopolitica impone ai paesi europei, così come ai loro partner, una seria riflessione utile a riconsiderare infrastrutture e modalità logistiche. In questo filone i percorsi scelti rappresentano un punto critico da non sottovalutare. La Cina, principale partner di molti paesi del vecchio continente, propone oggi una politica fortemente orientata all’export di merci e materie prime affidate a navi porta container. Per limitare eventuali danni legati alla situazione precaria in ambito marittimo, il governo di Pechino ha dovuto limitare le esportazioni via mare. Spostando quindi risorse e investimenti sul trasporto su rotaia e su strada, dando vita alla bolt and road initiative, più nota come via della Seta. Negli ultimi dieci anni, il solo trasporto merci nei container su ferrovia ha generato un volume d’affari superiore ai trecento miliardi di dollari. L’esempio cinese sarebbe quindi un esempio per chi crede nella necessità di creare una rete intermodale nei trasporti.

trasporto merci pericolose

Verso le navi portacontainer elettriche

Attualmente le navi porta container più grandi hanno capacità di migliaia di TEU, e garantiscono rotte internazionali più volte a settimana. Forti di un design sofisticato, della loro capacità di consentire il trasporto di container disposti su più strati, i mezzi oggi più grandi sono Msc Irina e Loreto, OOCL Spagna, Msc Tessa e Maresca. Si avvalgono di tecnologia avanzata, e di ultima generazione in termini di efficientamento energetico. Perché l’impatto ambientale gioca oggi un ruolo chiave, tanto che si continuano a studiare o sperimentare alternative – vedasi l’idea di aumentare spazi destinati a magazzini e depositi – a seconda delle singole esigenze. L’intermodalità, la capacità di spostare i container da un mezzo all’altro – nave, treno, camion – appare come la soluzione più versatile. Mentre alcuni paesi e realtà importanti spingono verso l’ultima frontiera del trasporto marittimo: le navi portacontainer elettriche.

Presente, futuro: Greenwater 01

Greenwater 01 è la nave porta container elettrica che la compagnia Cinese Cosco ha progettato e realizzato. Lunga 120 metri, monta batterie con capacità da 50000 kWh. La nave da 700 TEU – con carico fino a 700 container da 20 piedi – è stata ideata per navigare acque interne e percorrere la rete fluviale tra Shangai e Nanchino. Quasi mille chilometri di viaggio che le permettono di raggiungere i grandi porti nazionali, da dove far partire merci destinate al mercato internazionale. Grazie al motore elettrico la società risparmia migliaia di litri di carburante, per ogni 100 miglia nautiche – corrispondenti a180 km o poco più.


flusso turistico

Il lavoro nei porti: gender gap e futuro

Tra passato e futuro

Il lavoro nei porti è ancora prerogativa maschile. Stante la scheda di valutazione delle prestazioni portuali dell’UNCTAD a livello globale, il tasso di partecipazione delle donne nel settore marittimo non arriva al 20%. La mancanza delle donne nei dipartimenti operativi è evidente in un ambito economico chiave per lo sviluppo globale e determinante per la diffusione del trasporto intermodale che collega le coste all’entroterra. La scarsa presenza delle donne, in determinati contesti, è una conseguenza di tabù e preconcetti che resistono. Ad oggi, lo sviluppo tecnologico ha favorito cicli e metodi di lavoro innovativi. Come in altri campi, digitalizzazione e automazione hanno ridotto la mole di lavoro fisico e ottimizzato processi produttivi. Nonostante questo evidente cambio di passo rispetto al passato, le donne non sono sempre considerate adatte allo svolgimento di determinati lavori. Uno scenario globale che coinvolge anche il nostro paese, malgrado i green ports e l’economia sostenibile.

Lavoro nei porti e platform for change

Digitalizzazione e logistica sostenibile costituiscono uno dei motivi per credere in un cambio di rotta, che comporti riduzione del gender gap e fine di stereotipi di genere. Per abbattere le barriere culturali che ostacolano ogni tentativo di approcciare la questione in modo differente, diversi enti e organizzazioni hanno definito programmi e iniziative specifici. L’uguaglianza di genere è, tra gli obiettivi 2030 inclusi nell’agenda delle Nazioni Unite, il cui scopo è quello di promuovere finalmente lo sviluppo sostenibile in ogni angolo del pianeta. In ambito portuale, la federazione europea dei trasporti intende promuovere la presenza delle donne in modo che il lavoro nei porti non sia più unica prerogativa maschile. L’obiettivo della piattaforma Women in Transport – EU Platform for change, lanciata il 27 novembre 2017, è quello di rafforzare l’occupazione femminile e le pari opportunità

Gender gap, questione di età e realtà geografica

Volgendo lo sguardo al nostro paese, un’indagine condotta da Srm e Assoporti indica che il lavoro nei porti italiani offre spunti interessanti di riflessione. Un’inchiesta denominata Port infographics update 2024 ha analizzato la situazione attuale sia negli scali, sia nelle aziende operanti per conto delle autorità di sistema portuale. Ne è emerso che

  • Sono 1.269 su un totale di 20.123 dipendenti le donne attive presso le imprese portuali. Dunque, una percentuale pari al 6,3%
  • La stragrande maggioranza sono donne sotto i 54 anni, pari all’80% del totale

La percentuale delle donne cala drasticamente per la fascia di età compresa tra i 55 e i 60 anni, circa il 14%. Cifra destinata a ridursi ulteriormente, ben sotto il 10%, per le donne over 60. A dimostrazione che Il lavoro nei porti – italiani, ma non solo – soffre ancora per la mancanza di politiche di emancipazione che ritardano, inevitabilmente, anche l’innovazione.

lavoro nei porti

Le donne e il lavoro nei porti italiani

Qualcuno potrebbe sostenere che non c’è da meravigliarsi se solo il 2% delle donne è impiegato come fornitore di manodopera temporanea. Tuttavia, le percentuali sono basse anche in altri ambiti. Solo l’8% delle donne lavora come dipendente di terminal o presso società concessionarie del nostro paese. Considerando le imprese portuali non si va oltre il 6%. Ad ogni modo, la situazione è più complessa di quanto si possa immaginare. Nello scenario italiano, si riscontra una difformità territoriale riscontrabile da porto a porto. La percentuale di donne è pari, o supera lievemente, il 15% in scali di competenza delle Adsp dello stretto di Messina. Risalendo lo stivale, spiccano i porti marchigiani e abruzzesi del Medio Adriatico; anche qui, da Ancona a Ortona, la quota rosa si attesta intorno al 15%. Il lavoro nei porti italiani offre dunque spunti di riflessione notevoli agli addetti ai lavori

Divario per regioni e ambiti di pertinenza

Se alcuni segnali incoraggianti arrivano da alcune aziende attive, esistono altrettante realtà che non remano a favore degli sforzi e iniziative per promuovere il lavoro femminile nel settore marittimo. Se i porti di Livorno, Piombino e dell’arcipelago toscano restano in linea con la media nazionale – quota di occupazione femminile pari al 9% – nel Sud Italia la percentuale è quasi a livello zero. Il tasso di incidenza più basso riguarda i porti del Basso Adriatico, da Termoli Molise a Brindisi, nonché gli scali calabresi del Mar Ionio e del Mar Tirreno meridionale. La media di queste località oltrepassa appena il 2%, ragion per cui è necessaria una riflessione sulle condizioni e le prerogative occupazionali delle aziende attive nelle rispettive AdSP.  Uscendo fuori dalle logiche che definiscono la ripartizione dei lavori nei porti per genere, le donne rappresentano il 46% degli impiegati presso le autorità di sistema portuale.

Poche dirigenti, ma sempre più giovani dipendenti

Malgrado la situazione di quasi equilibrio nelle port authority, cifre e percentuali vanno contestualizzate. Da un lato, la percentuale di donne che lavorano come dirigenti non supera il 31%. Dall’altro, nella fascia under 40 le donne rappresentano la maggioranza tra i dipendenti delle AdSP: 52% contro 48%. Il dato, tra i più incoraggianti, riflette le peculiarità di un settore che, nonostante tutto, è avviato verso un futuro caratterizzato da maggiore mobilità, sostenibilità e flessibilità. Requisiti che il lavoro nei porti più versatile e, soprattutto, ripensabile in modo che la ripartizione delle mansioni e dei compiti avvenga – laddove possibile – nel segno dell’uguaglianza e della parità di genere.


crisi del mar rosso

Crisi nel Mar Rosso: gli ultimi dati

Rotte alternative

La crisi nel Mar Rosso, un canale che copre il 30% del traffico mondiale di container, continua ad avere un profondo impatto sul trasporto marittimo. In alcuni casi, si parla di dimensioni senza precedenti. Il New Brief, primo di una nuova serie che analizza i recenti sviluppi economici e sociali e le questioni speciali in situazioni di fragilità, conflitto e violenza (FCV) in Medio Oriente e Nord Africa (MENA), esplora le conseguenze della situazione di instabilità in un punto così caldo per il trading mondiale. Il recente conflitto in Medio Oriente ha portato ad attacchi a navi commerciali, causando una significativa flessione dell’attività marittima in alcune zone in favore di rotte alternative. Un esempio? A partire da fine marzo 2024, il volume di traffico attraverso il Canale di Suez e lo Stretto di Bab El-Mandeb si è ridotto, mentre la navigazione attraverso il Capo di Buona Speranza è cresciuta vertiginosamente.

Crisi del Mar Rosso: la situazione nei porti italiani

La crisi nel Mar Rosso ci ricorda l’interconnessione del commercio globale e l’importanza di mantenere rotte marittime sicure e aperte. Mentre la situazione continua ad evolversi, le ripercussioni sul nostro paese non si sono fatte attendere. Il centro studi Fedespedi ha pubblicato recentemente l’ultimo report sugli effetti della crisi di Suez sul trasporto marittimo. La circumnavigazione dell’Africa ha avuto ripercussioni negative per i porti in Adriatico, ma allo stesso tempo ha favorito alcune banchine del Tirreno, grazie al passaggio delle merci attraverso lo stretto di Gibilterra. Pertanto, Genova, La Spezia e Salerno hanno registrato un aumento di box imbarcati e sbarcati in percentuali variabili tra il 2% e l’8%. Dall’altro lato, Trieste, Venezia e Ravenna hanno subito contrazione pesante in termini di movimentazione merci. Con percentuali a doppia cifra.

Strategie per il prossimo futuro

Il cambio delle rotte per la crisi del Mar Rosso ha prodotto un aumento dei costi pari al 44% dei noli marittimi verso il Mediterraneo rispetto all’anno precedente. Notevole anche l’impatto sui tempi di consegna della merce, che se nel mese di aprile 2023 sfiorava il 62% in termini ei puntualità, a distanza di dodici mesi oltrepassava di poco il 54%. La vicinanza con Gibilterra ha avvantaggiato lo scalo marocchino di Tangeri, così come altri spot iberici. Come facilmente intuibile, i porti liguri di Genova e Savona hanno visto incrementare il trasbordo di container. Per evitare squilibri territoriali come conseguenza della situazione geopolitica attuale, la ricerca del Centro Studi Fedespedi sottolinea l’importanza di una riorganizzazione dei servizi. Allo scopo di

  • Utilizzare maggiormente il transhipment
  • Proporre una diversa rotazione dei trasporti nei porti italiani, valutando l’opzione di inserire nuovi scali

Attivare nuovi servizi intra-med con gli scali più vicini a Gibilterra

trasporto marittimo

Crisi del Mar Rosso: l’espansione dell’Estremo Oriente

Le guerre in Ucraina e nel Medio Oriente hanno rivoluzionato le rotte e i traffici con inevitabili ripercussioni sui porti italiani ed europei. Allargando l’orizzonte, è rimarchevole come gli scambi intercontinentali si siano mantenute su livelli sostenuti, addirittura crescendo a livello intercontinentale. Nel primo trimestre del 2024, stando ai dati che Container Trades Statistics ha recentemente pubblicato, lo scambio merci ha toccato i 28,9 milioni di Teu nei primi tre mesi di quest’anno. L’estremo oriente si rivela area particolarmente dinamica; l’export di merci provenienti da quei luoghi verso Nord America e Australia è aumentato del 13%. A fronte di un aumento delle esportazioni verso il vecchio continente, non si registrano variazioni riguardo alle importazioni, determinando così un volume di traffici sbilanciato da e verso l’Europa.

Costi economici e ambientali

La crisi nel Mar Rosso ha implicazioni di vasta portata, non solo per l’industria del trasporto marittimo, ma anche per l’ambiente e l’economia globale. Le rotte più lunghe hanno aumentato le distanze di viaggio per i cargo e le petroliere fino al 53%, causando un aumento delle emissioni di CO2 a causa del carburante supplementare bruciato. Da un punto di vista economico, la crisi ha portato a un’impennata dei noli e dei costi assicurativi del trasporto marittimo, contribuendo all’inflazione e incidendo negativamente sulle economie marittime regionali e internazionali. In risposta a queste sfide, i responsabili politici sono invitati a rimanere vigili e a valutare continuamente l’evoluzione degli impatti. È fondamentale mantenere solidi quadri di politica monetaria, valutaria e fiscale per mitigare le vulnerabilità economiche ai nuovi shock

Nuovi spot e nuove opportunità

Nel mezzo della crisi del Mar Rosso, si intravedono opportunità di crescita. La tendenza globale verso il re-shoring, il near-shoring e il friend-shoring, al netto di un aumento dei costi commerciali, presenta opportunità per i Paesi geograficamente vicini a importanti aree commerciali come l’Unione Europea e gli Stati del Golfo. In presenza di un quadro politico solido, i Paesi nordafricani potrebbero in un futuro non remoto attrarre investimenti diretti esteri da e verso queste regioni. Ciò potrebbe portare a una spinta degli investimenti locali e alla creazione di posti di lavoro, a un aumento dei redditi e a un più facile trasferimento di tecnologia, tutti fattori che possono contribuire alla resilienza e alla crescita delle economie. Un fattore determinante per evitare ulteriori destabilizzazioni in un’area vicina al Mediterraneo, considerata ancora spot caldo vista la prossimità a conflitti e regimi dittatoriali.


eolico offshore

L'eolico offshore, sfida per i porti italiani

L’ eolico offshore ha le caratteristiche e le potenzialità per trasformare l’economia italiana in un’economia più green e sostenibile. Un settore indubbiamente strategico nel breve e nel lungo termine, date le stime che prevedono trentamila posti di lavoro in più solo con la realizzazione di un impianto galleggiante da 20 GW. Perché l’Italia sia pronta alle sfide dei prossimi decenni, è necessario stabilire quali siano gli obiettivi e quali le priorità. La pianificazione – a livello governativo e istituzionale – sarà determinante per incentivare la ricerca e lo sviluppo – sia tecnologico, sia logistico – necessari a costruire i nuovi poli offshore. Necessari per incrementare la diffusione di impianti strategici per l’espansione di fonti alternative e rinnovabili, a sostegno delle battaglie per decarbonizzazione, produzione di idrogeno verde, diversificazione dell’offerta energetica pulita. Una vera sfida per la transizione energetica, soprattutto alla luce di numeri aumentati nel giro degli ultimi dieci anni.

L’ eolico offshore galleggiante.

L’Agenzia internazionale delle energie rinnovabili – IRENA – ha reso noti gli obiettivi per le installazioni dell’eolico offshore fisso e galleggiante. Una capacità complessiva e globale pari a 2 TW nel 2050. Guardando al numero di installazioni presenti, il vecchio continente occupa un ruolo di primo piano mercato globale per capacità operativa, grazie anche a una ricerca che ha spinto all’installazione di turbine eoliche già negli anni Novanta.          La prima nel sito di Vindeby in Danimarca, dove il parco eolico composto da 11 turbine eoliche ha lavorato a pieno regime per ben venticinque anni fino al 2017. La tecnologia dell’eolico galleggiante costituisce oggi una sfida appetibile anche per lo sviluppo commerciale nel Mediterraneo. Specie considerando i limiti dell’eolico a fondamenta fisse, stante l’impossibilità di installare turbine oltre i sessanta metri di profondità. Limite superabile con una tecnologia alternativa, con la realizzazione di progetti a distanze e profondità maggiori.

Costi e paradossi (italiani)

Ad oggi l’evoluzione del mercato dell’eolico galleggiante è auspicabile, malgrado i costi più elevati rispetto alla tecnologia a fondo fisso. Gli addetti ai lavori stimano un contenimento dei costi di generazione grazie alle innovazioni e a processi di lavorazione sempre più sofisticati. A supportare questa tesi, il rapporto di Legambiente del 2024, che al riguardo segnala un abbassamento delle tariffe del 33% per KW solo nell’ultimo decennio. L’assenza di obiettivi specifici nel piano nazionale integrato di energia e clima 2023, Questi dati però evidenziano paradossi nel panorama italiano, tra cui

  • La percentuale molto bassa di eolico malgrado una superficie marittima vastissima
  • La concentrazione in tre regioni del Sud – Sardegna, Sicilia e Puglia – del 60% del potenziale eolico galleggiante.

Tutto ciò a fronte del forte aumento della richiesta di eolico offshore nel giro di pochissimi anni

Eolico offshore, i bandi del MASE

Lo scorso mese di aprile il Ministero dell’ambiente ha pubblicato sul proprio sito un avviso pubblico finalizzato all’acquisizione di “manifestazioni di interesse per l’individuazione di aree demaniali marittime da destinare alla realizzazione di infrastrutture per la produzione, l’assemblaggio e il varo di piattaforme galleggianti”. Allo stesso tempo, nel bando scaduto il 18 maggio, si riportava l’interesse ad acquisire manifestazioni di interesse per l’individuazione di infrastrutture elettriche. In questo caso, funzionali allo sviluppo della cantieristica navale per la produzione di energia eolica in mare. In base a quanto riferito da Marilena Barbaro, Direttrice generale delle Fonti energetiche e titoli abilitativi del Mase, sono sei i porti candidati. Tutti nel Centro e Sud del paese: Civitavecchia, Vasto, Brindisi, Taranto, Crotone e Augusta. Per quanto riguarda Brindisi e Taranto, la candidatura è da ritenersi di carattere congiunto. Le Adsp pugliesi hanno già fornito dettagli sulla progettualità e sul coinvolgimento di soggetti

eolico offshore

I requisiti minimi dei poli eolici offshore

Il bando conteneva due specifiche attività, riguardanti

  • La costruzione e l’assemblaggio dei galleggianti
  • L’integrazione dei componenti della turbina eolica (torre, navicella e pale) con il galleggiante.

Sedici ettari di movimentazione dei componenti carichi pesanti, trecentocinquanta metri di lunghezza delle banchine, portata carico banchina sono requisiti minimi per lo svolgimento di ognuna delle due attività. Entro metà settembre il ministero dovrà procedere – tramite decreto di concerto tra Mef, Mit, Protezione civile, regioni interessate – alla scelta e all’individuazione dei porti idonei allo svolgimento delle operazioni. A dispetto delle indicazioni di massima che le autorità pugliesi hanno fornito, le autorità del sistema portuale di Vasto – Mar Adriatico Centrale, Civitavecchia, Augusta Mar di Sicilia Orientale e dello Ionio con riferimento a Crotone devono ancora fornire ulteriori dettagli. Come quelli riguardanti l’eventuale supporto pubblico ai progetti, i tempi di realizzazione previsti e l’analisi di fattibilità di carattere tecnico ed economico.

La conciliazione tra eolico, mercato ittico, biodiversità.

Con la pianificazione e lo sviluppo di un settore come l’eolico offshore, l’Unione Europea intende sfruttare le potenzialità offerte da questo settore nell’ambito delle energie rinnovabili. Anche in considerazione delle criticità, da intendersi come concorrenza di altre potenze su scala extra – continentale, tra tutte la Cina, e tutela delle aree protette. E’ infatti prioritario tutelare gli interessi di tutti, per evitare conflitti con gli operatori del mercato ittico. Per prevenire l’acuirsi di diatribe e contrasti, sarà fondamentale una cooperazione che non escluda pescatori e produttori di acquacoltura. Uno studio dedicato agli effetti degli impianti offshore sulla vita del merluzzo atlantico nel Mare del Nord in ha stabilito che le fondazioni delle turbine eoliche con protezione antierosione hanno agito da barriere coralline artificiali con effetti positivi sulla resilienza delle popolazioni locali di merluzzo. Da parte sua l’Unione Europea ribadisce il proprio impegno a tutela della biodiversità, dell’economia marina. L’auspicio è che si possano conciliare le esigenze di sviluppo sostenibile senza danneggiare il settore della pesca su piccola scala, fondamentale per l’economia delle località costiere. Nonché per contenere gli effetti di shock ittico, dato il suo carattere meno invasivo.


trasporto merci pericolose

Trasporto marittimo: evoluzione e alleanze strategiche

Il trasporto marittimo ha svolto un ruolo di primo piano per l’espansione del commercio globale. Facilitando la distribuzione dei beni, tutte le attività finalizzate alla pianificazione, organizzazione e gestione dei flussi di merci che operano secondo le rotte marittime internazionali, costituiscono ancora oggi un interscambio essenziale per la sopravvivenza di intere economie su piccola e larga scala. Oggi la logistica efficiente si avvale di dispositivi tecnologici su navi container che hanno dato un ulteriore impulso allo sviluppo del settore. Di conseguenza aiutano il trasporto intermodale, contribuiscono alla contrazione dei costi di stoccaggio e all’efficientamento della filiera. Garantendo la movimentazione di diverse centinaia di tonnellate di merci, il trasporto su nave è apprezzato per la caratteristica di attività permanente, dato che, in mare aperto, nulla o quasi può fermare il traffico marittimo. Tra le offerte di trasporto marittimo, vale la pena citare il trasporto Tramp e il trasporto di Linea

Il trasporto marittimo di linea

Il trasporto marittimo di linea comprende attività legate al trasporto di merci e carichi da una destinazione all’altra, grazie a navi oceaniche che si muovono su rotte regolari a orari fissi. Oggi sono in funzione più di 400 servizi di linea. La maggior parte di questi servizi liner prevede partenze settimanali dai porti di scalo. Pertanto è di gran lunga la modalità di movimentazione più efficiente per le merci, resa possibile dall’impiego di diverse navi di linea, come navi portacontainer, navi portarinfuse, petroliere, navi specializzate e così via. Viaggiando su rotte fisse e approdando a porti predeterminati secondo orari stabiliti, i clienti possono pianificare le spedizioni e avere più garanzie. Tra gli altri vantaggi del trasporto di linea, si ricordano

  • Capacità e versatilità, data la possibilità di caricare tutti i tipi di merci
  • Risparmio rispetto ad altre modalità di trasporto, come quello aereo.

Un trasporto marittimo condiviso e… conveniente

Il trasporto marittimo di linea, al di là del risparmio economico garantito a molte aziende che operano sulla lunga distanza, offre un ulteriore benefit a soggetti e operatori economici che ne usufruiscono. Si distingue per un’ ulteriore qualità intrinseca: è una modalità di trasporto condiviso, in termini di spazio e costi, con altre persone o aziende. Altro fattore che rende vantaggiosa la movimentazione di beni e merci via mare riguarda la sicurezza. In merito al grado di pericolosità, le navi oggi sono progettate per contenere e trasportare materiali ad alto rischio in tutta sicurezza. Il settore marittimo è ben noto per la gestione di tali merci e dispone di norme per garantire la sicurezza dei vettori di trasporto, dell’equipaggio, dei carichi e dell’ambiente. Le perdite di carico dovute a incidenti durante il trasporto sono diminuite nell’ultimo decennio

Le alleanze

Per sfruttare ulteriormente il mercato, a volte diversi vettori si uniscono e stipulano un accordo. Questi accordi si concretizzano poi in un’alleanza, il cui scopo è quello di

  • Uniformare l’offerta
  • garantire alla clientela una copertura più ampia di destinazioni.
  • Rendere operative le navi lungo rotte concordate e ripartire lo spazio di carico in modo equo, a vantaggio di tutti

Inoltre, le alleanze globali permettono ai loro membri di condividere il mercato. Dunque riconoscono la validità della cooperazione per ridurre i costi operativi. Attualmente, tre grandi alleanze marittime globali controllano più dell’80% del traffico mondiale di container. Esse sono le seguenti:

  • 2M – MSC, Maersk e HMM (ex Hyundai Merchant Marine).
  • Alleanza THE – Hapag Lloyd, NYK, Yang Ming, MOL, K-Line
  • Alleanza oceanica – CMA CGM, COSCO, OOCL ed Evergreen

trasporto marittimo

Trasporto marittimo e navi tramp

Le navi tramp, da carico non regolare, non seguono rotte programmate. Pertanto, coprono per lo più i porti da cui hanno carichi da caricare o scaricare. La maggior parte dei servizi di trasporto con navi da carico non regolari opera come una semplice organizzazione e quindi le spese generali sono inferiori a quelle dei servizi di linea. Alla luce di queste premesse, e Nell’ambito del trasporto marittimo volatile, i clienti hanno la possibilità di valutare  bene se usufruire di questo servizio a seconda delle loro esigenze. Di conseguenza, capita che il trasporto TRAMP possa essere utilizzato per movimentare merci ingombranti o speciali che non sempre sono trasportabili sui servizi LINER regolari.

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Zero emissioni, tecnologia, efficienza

Il trasporto marittimo copre circa l’80% del commercio mondiale. È fondamentale per lo sviluppo economico di molte nazioni, è una fonte di reddito in molti Paesi ed è considerato una modalità di trasporto sicura e rispettosa dell’ambiente. Pertanto è lecito chiedersi quale sia il futuro del trasporto marittimo. Le sfide del futuro rappresentano una potenzialità e riguardano

  • la spinta alla decarbonizzazione e l’usi dei combustibili marini alternativi a basse emissioni di carbonio o a zero emissioni.
  • Introduzione di dispositivi tecnologici nel lungo periodo e logistica flessibile nel breve
  • navi e tecnologie più efficienti dal punto di vista energetico, più redditizie e meno dipendenti dai combustibili fossili rispetto a quelle attuali.

Tutto questo avrebbe il potenziale per modificare drasticamente il volto del trasporto marittimo in futuro.


Porti italiani tra competitività e sostenibilità

I porti italiani non hanno vissuto un anno felice: nel 2023 infatti si è assistito a un calo della movimentazione merci e dei container.  Una diminuzione tra il 3 e il 4%, con poche eccezioni positive. Una contrazione evidente che desta preoccupazioni; anche alla luce del contesto geo politico internazionale con le note interferenze degli Houthi nel Mar Rosso. Migliore invece la situazione per il traffico ro-ro, che si mantiene su livelli essenzialmente stabili, mentre ottimi riscontri arrivano dai dati relativi al numero di passeggeri transitati. L’aumento di passeggeri nei porti italiani è superiore al 16%, con aumenti vertiginosi – pari al 55% – nel caso dei crocieristi. Pur disponendo di 112mila posti in barca, la qualità dell’accoglienza nel nostro paese lascia in sospeso più di un interrogativo. A dimostrazione che tanti fattori – nessuno escluso – incide sulla crescita economica dell’intero comparto.

In calo merci e container

Pur considerando l’andamento generale dei porti italiani, occorre fare tutte le distinzioni tra le varie aree del nostro paese. Prendendo in esame il periodo tra gennaio e settembre dello scorso anno, Genova ha registrato una contrazione in termini di movimentazione container pari al 6% rispetto all’anno precedente. Migliore la situazione a Savona Vado dove invece si è assistito a un aumento di transiti in termini percentuali. Scendendo lungo il Tirreno, la situazione non è rosea più o meno ovunque. A Marina di Carrara, La Spezia e Livorno la diminuzione più consistente riguarda i container – con un calo stimato del 10%. Percentuali simili anche per l’ADSP di Napoli e Salerno, dove ancora una volta lo scenario peggiore riguarda il settore dei container rispetto al traffico merci.

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I dati del comparto nautico.

Volgendo lo sguardo all’Adriatico, verso gli scali portuali di Venezia, Trieste e Monfalcone, i numeri non migliorano, a conferma della tendenza generale. Nel capoluogo veneto, la contrazione tocca percentuali intorno al 4% per la movimentazione merci e del 10% per container. Fortunatamente, questi dati negativi sono bilanciati da un quadro più confortante nel comparto nautico. Le aziende del settore evidenziano un 2024 con buone prospettive rispetto ai dodici mesi precedenti. Diversi elementi lasciano propendere per questa ipotesi, dato che

  • La produzione italiana di superyacht si conferma leader nel mercato, con più di seicento modelli in costruzione
  • Sono aumentate le prenotazioni per le imbarcazioni charter rispetto a un anno fa

Alla luce di questi dati emerge la necessità di attuare la pianificazione dello spazio marittimo, che possa uniformare le diverse realtà del nostro paese con ripercussioni positive per i porti italiani. In ambito nautico e per il mondo del diporto.

Il futuro: norme, investimenti, hub energetici

Lo sviluppo del diporto nautico giocherà un ruolo fondamentale per l’economia turistica italiana. In termini di occupazione e occupabilità, di costi e investimenti, di ricavi e guadagni che possano giovare allo stato e alle imprese. Per poter competere con altri scali continentali ed extra europei, i porti italiani hanno bisogno di

  • Attirare investimenti mirati – dall’estero e dal mercato interno – in grado di avviare uno sviluppo sostenibile delle infrastrutture alla luce della transizione energetica e digitale
  • Avere come riferimento una normativa chiara, esaustiva, uniforme, perché non vi siano squilibri e difformità tra le diverse aree del paese.

Considerando il passato, il presente, il futuro delle rotte marittime e degli interscambi commerciali nel Mediterraneo, il sistema logistico e portuale deve calamitare l’attenzione degli investitori. Magari facendo leva su un volume d’affari che attualmente supera i 300 miliardi di euro. Così come sulla conversione di alcuni porti italiani in veri e propri hub energetici.

trasporto marittimo

La rotta verso lo sviluppo economico

Oggi più che mai è fondamentale una logistica efficiente, anche grazie alle risorse – 630 milioni di euro – messe a disposizione dal PNRR per le Zone economiche speciali. Ma cosa comporta in ambito logistico – portuale una logistica smart e sempre più ottimizzata? Indubbiamente una crescente connessione – reale, non solo virtuale – tra aree ad alta vocazione industriale e porti italiani più vicini. Vedasi gli scali di Venezia e Trieste, affacciati sull’Adriatico, i quali costituiscono uno snodo cruciale tra Nord Italia e paesi dell’Europa centrale, Europa occidentale ed Europa orientale. In altre parole, aree caratterizzate da un notevole sviluppo economico da un lato, e zone con ottime prospettive di crescita dall’altro. Non dimentichiamo, dunque, gli innumerevoli vantaggi di un porto che funziona, come

  • Incentivo agli insediamenti produttivi
  • Incremento dell’export
  • Riduzione dei gas serra e dell’impatto ambientale

Riqualificazione e logistica smart

I conflitti in Ucraina e nel Medio Oriente hanno ridisegnato ambizioni geopolitiche e scenari che sembravano già delineati – come nel caso della via della seta. Pur ragionando in un contesto internazionale, i singoli stati tengono conto della attuale crisi della globalizzazione per ripensare la strategia dei propri porti anche in ottica intermodale. Data la complessità dell’orografia del nostro paese, i porti italiani hanno bisogno forse più degli altri di una rete stradale e ferroviaria degna del ventunesimo secolo. Segnali interessanti arrivano da Genova, che grazie al completamento del Terzo valico dei Giovi, punta ad ottimizzare i collegamenti con Milano e quindi il resto dell’Europa. L’auspicio è che i porti italiani diventino competitivi, ma perché questo avvenga, è necessaria la riqualificazione delle aree di prossimità e dell’immediato entroterra.


porti marittimi

Pianificazione dello spazio marittimo, regole e opportunità

La pianificazione dello spazio marittimo ricopre un ruolo cruciale per lo sviluppo di un’economia portuale sostenibile. Grazie alla Direttiva 2014/89 UE tutti gli stati membri devono attuare misure considerate strategiche per tutelare l’ecosistema, produrre energia rinnovabile, promuovere la coesistenza di pesca, trasporto marittimo e turismo. Attraverso i piani di gestione i singoli paesi devono individuare luoghi e definire tempistiche perché le attività marittime non impattino più su mari e coste. Con il D.Lgs. 201 del 17 ottobre 2016, il nostro paese ha recepito la direttiva approvata a Bruxelles. L’anno successivo, il Consiglio dei ministri ha istituito con apposito decreto delle linee guida specifiche. Tutte deputate alla definizione delle aree marittime ove predisporre la pianificazione dello spazio marittimo, in base alla rilevanza in termini di movimentazione. Vere e proprie nuove sotto regioni: quella del Mediterraneo centrale, occidentale, adriatica e ionica.

Il quadro normativo

La pianificazione dello spazio marittimo è sinonimo di visione globale. Una crescita sostenibile deve tener conto di più fattori: economici, sociali e soprattutto ambientali. Senza la loro integrazione non è possibile adottare o implementare le misure di una corretta gestione del settore marittimo. Così come risulta fondamentale un quadro normativo uniforme. Attraverso la Direttiva 2008/56 L’Unione Europea promuove uno strumento politico intersettoriale che coordini un’effettiva distribuzione spaziale e temporale di tutte le attività nel nostro ambito. Pur svolgendo un ruolo cruciale, l’adozione di un piano comunitario non è scevra da rischi. Tutti i paesi hanno riscontrato delle difficoltà a introdurre progetti su larga scala. A dimostrazione che un processo così importante richiede una cooperazione continua tra ministeri e autorità locali.

Una gestione importante

Mare Adriatico, Mar Ionio, Mar Mediterraneo occidentale e centrale: sono queste le aree marittime sotto il controllo delle autorità italiane.  Ciascuna sottoposta alla pianificazione dello spazio marittimo attraverso piani di gestione, definiti secondo linee guida “contenenti gli indirizzi e i criteri”, in linea con l’articolo 4 della direttiva 2008/56/UE. La pianificazione dello spazio marittimo copre un’ampia gamma di usi e attività, quali

  • Pesca e acquacoltura
  • Siti deputati alla protezione e alla conservazione del patrimonio ittico
  • ricerca e sfruttamento delle risorse minerali
  • ricerca e sfruttamento delle risorse energetiche finalizzate alla produzione di fonti rinnovabili
  • monitoraggio dei flussi di traffico, nonché rotte di trasporto marittimo
  • zone deputate all’ addestramento delle forze navali e militari
  • aree strategiche per fini scientifici, attività estrattive o di ricerca scientifica- tracciati per cavi e condotte sottomarine
  • tutela del paesaggio costiero.

I rischi per la blue economy

Secondo quanto sostenuto dal WWF l’UE è ancora però lontano dagli obiettivi ambiziosi di una vera e propria economia blu. Sedici nazioni esaminate, e pur con le dovute distinzioni, nessuna ancora in grado di soddisfare pienamente i requisiti dovuti. Nell’ottica della pianificazione dello spazio marittimo, è auspicabile una partnership su scala continentale. Allo stesso tempo è impensabile poter preservare lo stato ambientale e utilizzare energie rinnovabili, senza coinvolgere direttamente piccole imprese che lavorano nella pesca o per il settore turistico. Dopo aver visitato siti e valutato piani per le aree marine, il WWF ha stabilito che al momento la Slovenia è il Paese che più di tutti ha gestito le attività marittime secondo un approccio ecosostenibile. Riguardo a paesi con doppio affaccio sul mare, Spagna e Francia hanno fatto meglio sulle sponde mediterranee rispetto alla parte atlantica. Mancano all’appello i dati di Croazia, Cipro, Grecia e Italia.

La crescita sostenibile non più rimandabile

La Commissione europea ha già sottoposto l’Italia a una procedura d’infrazione, dovuta al mancato recepimento della Direttiva 2014/89/UE, malgrado la scadenza legale fissata a Marzo 2021. Il 2 novembre 2023 si è conclusa la procedura di Valutazione ambientale strategica prevista per attuare il Piano di gestione dello spazio marittimo italiano – Area marittima Adriatico. A distanza di mesi non è ancora perfettamente delineato. Il piano resta l’unico documento in grado di individuare e definire ciò che è possibile realizzare nelle aree costiere e marittime soggette all’autorità del nostro paese. Anche alla luce di ciò che  almeno in origine – costituivano le ambizioni della pianificazione dello spazio marittimo in ambito comunitario, quali

  • una politica marittima globale dell’Unione, tenendo conto delle specificità territoriali e settoriali
  • la necessità di rispettare il principio di sussidiarietà,
  • lo sviluppo di un’economia marittima, competitiva e sostenibile, in armonia con l’ambiente marino.

Un approccio ecosistemico per contrastare (anche) il climate change

Per quanto fondamentale, la pianificazione dello spazio marittimo è solo uno degli strumenti a nostra disposizione per coordinare le politiche marittime settoriali. La sicurezza – attraverso la sorveglianza marittima – resta prioritaria, così come dati e informazioni. Tutto concorre in favore di una politica di equilibrio mirata alla risoluzione di eventuali controversie, che guardi avanti verso un futuro sostenibile e competitivo per l’intero continente. Attraverso la cooperazione i singoli stati possono gestire uno spazio marittimo comune, e affrontare sfide sempre più pressanti. Per centrare obiettivi immediati e ambiziosi è necessario un coinvolgimento di regioni e autorità locali. In grado di monitorare quelle attività umane pericolose per la salvaguardia dei corsi d’acqua e di interi tratti costieri.


flusso turistico

Riforma del sistema portuale: questione complessa

Il Governo sta parlando, da mesi, dell’opportunità di riformare la “governance” del sistema portuale italiano. A tal proposito al ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture è stato istituito un gruppo di lavoro che dovrebbe impostare il disegno di legge delega su cui avviare l’iter di riforma. Nella IX Commissione della Camera (Trasporti) sono state presentate tre risoluzioni  che hanno dato il via a un ciclo di audizioni con i soggetti più rappresentativi del settore, associazioni ed enti. Assiterminal, Associazione italiana Terminalisti portuali, principale espressione associativa dell’industria della portualità in  Italia, ha sottolineato l’importanza di approvare una riforma al di fuori delle dinamiche maggioranza/opposizione, garantendo così una stabilità normativa fondamentale per un provvedimento di grande impatto sull’economia nazionale.

RIFORMA

UNITARIA

NECESSARIA

Governance efficiente per una portualità aggiornata

Essa propone lo snellimento burocratico delle procedure, accorciando così anche i tempi delle decisioni. La sovrapposizione di funzioni e l’eccessiva dispersione che c’è a livello decisionale (anche soltanto, ad esempio, per dare l’ok ad un dragaggio di fondali) causate dalla riforma del Titolo V del 2001, secondo l’associazione, devono essere affrontate in maniera decisa. E, possibilmente, senza perdere troppo tempo. La capacità di prendere decisioni sugli investimenti infrastrutturali deve essere centrale. Per quanto riguarda le Autorità di Sistema Portuale (Adsp), Assiterminal suggerisce di dotarle di strumenti tipici del settore privato, semplificando le procedure di dragaggio e consentendo loro di svolgere attività economiche diverse.

Obiettivi dell’operazione

Transizione energetica e sostenibilità

Assiterminal inoltre evidenzia l’importanza, per i porti italiani, di sviluppare capacità di autoproduzione di energia rinnovabile e di essere hub di produzione/distribuzione di carburanti alternativi. Essa sottolinea la crescente necessità di trasformarli in centri avanzati non solo per il trasporto delle merci, ma anche per la sostenibilità ambientale e l’efficienza energetica.  Questo non solo attirerebbe investimenti e traffico di merci, ma contribuirebbe anche allo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili nel contesto nazionale. L’utilizzo di fonti energetiche sostenibili, come l’energia solare e eolica, potrebbe contribuire significativamente a ridurre l’impatto ambientale delle operazioni portuali. L’installazione di pannelli solari sui tetti degli edifici portuali e la costruzione di aerogeneratori nelle vicinanze potrebbero fornire una fonte stabile di energia pulita. Inoltre, è essenziale che i porti italiani si trasformino in hub di produzione e distribuzione di carburanti alternativi. L’adozione di tecnologie avanzate, come celle a combustibile e biocarburanti, potrebbe ridurre le emissioni nocive dei veicoli e delle imbarcazioni utilizzate nel porto. Questa transizione verso carburanti più puliti non solo risponde alle crescenti normative ambientali, ma offre anche opportunità di business nel mercato emergente delle energie rinnovabili.

trasporto marittimo

Uniformità normativa e lavoro portuale sostenibile

Un sistema efficace richiede regole condivise per tutte le concessioni portuali. Assiterminal critica la diversità nei regolamenti, indicando la necessità di regole uniformi. Per quanto riguarda il lavoro portuale, suggerisce il mantenimento del modello attuale, proponendo una cabina di monitoraggio centrale. La revisione del decreto legislativo 272/99 sulla sicurezza del lavoro è consigliata, con l’implementazione di un fondo per il prepensionamento per favorire il ricambio generazionale. Inoltre, per agevolare il ricambio generazionale (la media anagrafica nel settore vede oltre il 50% dei lavoratori con + di 50 anni), si dovrebbe procedere ad avviare il fondo per il prepensionamento dei lavoratori portuali (prevedendone un possibile potenziamento in termini di risorse finanziarie) e procedere all’inserimento di alcuni profili del lavoro portuale tra i lavori usuranti e rendere strutturale i principi che prevedono la possibilità, in capo alle Autorità di Sistema Portuale, di mettere a disposizione risorse economiche per la formazione e prepensionamento dei lavoratori portuali.

Riforma portuale in salita

Secondo Pasqualino Monti, presidente dell’autorità di sistema portuale del mare di Sicilia occidentale i porti, che sono un asset industriale e muovono quasi il 5% del Pil, “non possono essere trattati come carrozzoni pubblici o enti pubblici. Devono potersi muovere con facilità e rapidità perché il mercato non ti aspetta”. In ogni caso la riforma del sistema portuale, nonostante le rassicurazioni ministeriali, sembra ancora molto lontana, anche perché sono varie le indicazioni e le idee. La complessità della questione fa il paio con la diversità di proposte e di vedute in circolazione, aggiungendo ulteriori incertezze al già tortuoso percorso di riforma. (Link: https://www.portnews.it/riforma-dei-porti-una-questione-seria-trasformata-in-farsa/)