L’ eolico offshore ha le caratteristiche e le potenzialità per trasformare l’economia italiana in un’economia più green e sostenibile. Un settore indubbiamente strategico nel breve e nel lungo termine, date le stime che prevedono trentamila posti di lavoro in più solo con la realizzazione di un impianto galleggiante da 20 GW. Perché l’Italia sia pronta alle sfide dei prossimi decenni, è necessario stabilire quali siano gli obiettivi e quali le priorità. La pianificazione – a livello governativo e istituzionale – sarà determinante per incentivare la ricerca e lo sviluppo – sia tecnologico, sia logistico – necessari a costruire i nuovi poli offshore. Necessari per incrementare la diffusione di impianti strategici per l’espansione di fonti alternative e rinnovabili, a sostegno delle battaglie per decarbonizzazione, produzione di idrogeno verde, diversificazione dell’offerta energetica pulita. Una vera sfida per la transizione energetica, soprattutto alla luce di numeri aumentati nel giro degli ultimi dieci anni.

L’ eolico offshore galleggiante.

L’Agenzia internazionale delle energie rinnovabili – IRENA – ha reso noti gli obiettivi per le installazioni dell’eolico offshore fisso e galleggiante. Una capacità complessiva e globale pari a 2 TW nel 2050. Guardando al numero di installazioni presenti, il vecchio continente occupa un ruolo di primo piano mercato globale per capacità operativa, grazie anche a una ricerca che ha spinto all’installazione di turbine eoliche già negli anni Novanta.          La prima nel sito di Vindeby in Danimarca, dove il parco eolico composto da 11 turbine eoliche ha lavorato a pieno regime per ben venticinque anni fino al 2017. La tecnologia dell’eolico galleggiante costituisce oggi una sfida appetibile anche per lo sviluppo commerciale nel Mediterraneo. Specie considerando i limiti dell’eolico a fondamenta fisse, stante l’impossibilità di installare turbine oltre i sessanta metri di profondità. Limite superabile con una tecnologia alternativa, con la realizzazione di progetti a distanze e profondità maggiori.

Costi e paradossi (italiani)

Ad oggi l’evoluzione del mercato dell’eolico galleggiante è auspicabile, malgrado i costi più elevati rispetto alla tecnologia a fondo fisso. Gli addetti ai lavori stimano un contenimento dei costi di generazione grazie alle innovazioni e a processi di lavorazione sempre più sofisticati. A supportare questa tesi, il rapporto di Legambiente del 2024, che al riguardo segnala un abbassamento delle tariffe del 33% per KW solo nell’ultimo decennio. L’assenza di obiettivi specifici nel piano nazionale integrato di energia e clima 2023, Questi dati però evidenziano paradossi nel panorama italiano, tra cui

  • La percentuale molto bassa di eolico malgrado una superficie marittima vastissima
  • La concentrazione in tre regioni del Sud – Sardegna, Sicilia e Puglia – del 60% del potenziale eolico galleggiante.

Tutto ciò a fronte del forte aumento della richiesta di eolico offshore nel giro di pochissimi anni

Eolico offshore, i bandi del MASE

Lo scorso mese di aprile il Ministero dell’ambiente ha pubblicato sul proprio sito un avviso pubblico finalizzato all’acquisizione di “manifestazioni di interesse per l’individuazione di aree demaniali marittime da destinare alla realizzazione di infrastrutture per la produzione, l’assemblaggio e il varo di piattaforme galleggianti”. Allo stesso tempo, nel bando scaduto il 18 maggio, si riportava l’interesse ad acquisire manifestazioni di interesse per l’individuazione di infrastrutture elettriche. In questo caso, funzionali allo sviluppo della cantieristica navale per la produzione di energia eolica in mare. In base a quanto riferito da Marilena Barbaro, Direttrice generale delle Fonti energetiche e titoli abilitativi del Mase, sono sei i porti candidati. Tutti nel Centro e Sud del paese: Civitavecchia, Vasto, Brindisi, Taranto, Crotone e Augusta. Per quanto riguarda Brindisi e Taranto, la candidatura è da ritenersi di carattere congiunto. Le Adsp pugliesi hanno già fornito dettagli sulla progettualità e sul coinvolgimento di soggetti

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I requisiti minimi dei poli eolici offshore

Il bando conteneva due specifiche attività, riguardanti

  • La costruzione e l’assemblaggio dei galleggianti
  • L’integrazione dei componenti della turbina eolica (torre, navicella e pale) con il galleggiante.

Sedici ettari di movimentazione dei componenti carichi pesanti, trecentocinquanta metri di lunghezza delle banchine, portata carico banchina sono requisiti minimi per lo svolgimento di ognuna delle due attività. Entro metà settembre il ministero dovrà procedere – tramite decreto di concerto tra Mef, Mit, Protezione civile, regioni interessate – alla scelta e all’individuazione dei porti idonei allo svolgimento delle operazioni. A dispetto delle indicazioni di massima che le autorità pugliesi hanno fornito, le autorità del sistema portuale di Vasto – Mar Adriatico Centrale, Civitavecchia, Augusta Mar di Sicilia Orientale e dello Ionio con riferimento a Crotone devono ancora fornire ulteriori dettagli. Come quelli riguardanti l’eventuale supporto pubblico ai progetti, i tempi di realizzazione previsti e l’analisi di fattibilità di carattere tecnico ed economico.

La conciliazione tra eolico, mercato ittico, biodiversità.

Con la pianificazione e lo sviluppo di un settore come l’eolico offshore, l’Unione Europea intende sfruttare le potenzialità offerte da questo settore nell’ambito delle energie rinnovabili. Anche in considerazione delle criticità, da intendersi come concorrenza di altre potenze su scala extra – continentale, tra tutte la Cina, e tutela delle aree protette. E’ infatti prioritario tutelare gli interessi di tutti, per evitare conflitti con gli operatori del mercato ittico. Per prevenire l’acuirsi di diatribe e contrasti, sarà fondamentale una cooperazione che non escluda pescatori e produttori di acquacoltura. Uno studio dedicato agli effetti degli impianti offshore sulla vita del merluzzo atlantico nel Mare del Nord in ha stabilito che le fondazioni delle turbine eoliche con protezione antierosione hanno agito da barriere coralline artificiali con effetti positivi sulla resilienza delle popolazioni locali di merluzzo. Da parte sua l’Unione Europea ribadisce il proprio impegno a tutela della biodiversità, dell’economia marina. L’auspicio è che si possano conciliare le esigenze di sviluppo sostenibile senza danneggiare il settore della pesca su piccola scala, fondamentale per l’economia delle località costiere. Nonché per contenere gli effetti di shock ittico, dato il suo carattere meno invasivo.